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Trevi è la società della famiglia Trevisani, nata come compagnia specializzata in scavi di pozzi a bassa profondità, per poi evolvere gruppo di costruzioni attivo nella realizzazione di fondazioni speciali e consolidamento terreni.
Dopo numerose ristrutturazioni e aumenti di capitale, Trevi sta uscendo da una fase di crisi che l’ha portata a perdere in Borsa quasi il 100% della sua capitalizzazione nel giro di 15 anni. Tecnicamente la società è in concordato preventivo che ha portato i creditori a convertire parte dei propri crediti finanziari in azioni della società e ad una serie di aumenti di capitale che hanno favorito l’ingresso, tra i vari di Cassa Depositi e Prestiti (che possiede il 21%) e Polaris Capital Management (che detiene il 20%).

La società è divisa in due divisioni, Trevi si occupa della parte di ingegneria civile (dighe, ponti, fondamenta ecc…), coprendo il 77% dei ricavi (i.e. ca. €440mln) mentre Soilmec si occupa della costruzione di macchinari (coprendo il 23% dei ricavi, ca. €130m).

Sfortunatamente la società opera in un business estremamente ciclico e non riesce a produrre un Utile Netto organico dal lontano 2015 (ad eccezione del 2020 dove un elemento straordinario ha portato il risultato in positivo), né tantomeno riesce a produrre Utili Operativi (negli ultimi 8 anni, l’Ebit è stato positivo soltanto nel 2018 e nel 2022).

In anni di difficoltà economica italiana e di scarsi investimenti in infrastrutture, il fatturato di Trevi è imploso (tra il 2015 e il 2019 il fatturato della società è dimezzato), mentre ora la società si trova a dover gestire le difficoltà legate all’aumento dei costi rispetto a contratti di costruzione di medio periodo che vengono firmati a prezzo fisso. Questo ovviamente si riflette sulla generazione di cassa che dal 2013 al 2021 non ha mai registrato valori positivi su base, con un indebitamento aumentato a dismisura (raddoppiato da €400m nel 2014 a €740m nel 2019, prima di essere portato agli attuali ca. €190mln in seguito agli aumenti di capitale e alla ristrutturazione societaria).

La buona notizia è che, dopo tanta sofferenza, in seguito alla ristrutturazione del debito del 2020 e alla cura del CEO Giuseppe Caselli, la società si sta rimettendo pian piano su un percorso (pur sempre accidentato) di profittabilità. La società oggi ha ca. €80mln di liquidità, un FCF atteso solo lievemente positivo e debiti in scadenza a breve per poco più di €50mln. Questo dovrebbe bastarle per sopravvivere per i prossimi 12 mesi, mentre la grande sfida sarà quella di rimanere profittevole nel 2024, in un contesto che si preannuncia molto complicato a livello macroeconomico in Italia e nel resto d’Europa.
Il piano di ristrutturazione della società prevede una crescita dei ricavi 2022-26 del 5% annuo (cosa complicata visto lo storico, ma non impossibile visto che nel 1H23 la società è cresciuta del 20%) e un Ebitda margin che passi progressivamente dal 10% di EBITDA circa atteso nel 2022 al 13% alla fine del piano (anche qui obiettivo sfidante ma raggiungibile visto che nell’ultimo trimestre siamo già al 12%), con l’obiettivo di portare il rapporto Posizione Finanziaria Netta/EBITDA ricorrente sotto le 2x (attualmente a 2,5x).

Visto anche il portafoglio ordini in forte crescita (+30%) ed il generale miglioramento della gestione patrimoniale e reddituale, Trevi sembra abbia le carte in regola per tornare sulla retta via, dal punto di vista gestionale.
Per sua sfortuna però, il momento storico è probabilmente uno tra i peggiori dell’ultimo decennio. Con i tassi di interesse al 4% in UE, il settore delle costruzioni e dei lavori civili sta collassando in tutta Europa: in particolare preoccupanti sono stati i dati pubblicati in Germania sulla crescita vertiginosa di società con ordini ingegneristici cancellati o senza progetti da realizzare. In Gran Bretagna, la concorrente Travis Perkins ha pesantemente tagliato l’outlook per il 2023 evidenziando che “i prossimi mesi saranno abbastanza brutti, pur non vedendo problemi strutturali”.

In Italia, dopo la fine del Superbonus110, è probabile che il settore torni ad una nuova fase di stagnazione.
Per Trevi dunque l’importante sarà resistere ancora a questa tornata negativa. Se ci riuscirà, il titolo potrà davvero regalare soddisfazioni enormi ai suoi azionisti. Ma per il momento, nonostante un prezzo “stracciato” (il titolo prezza a 3,7x l’Ebitda), i rischi sembrano ancora maggiori dei benefici.
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