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Come da nostra ultima stock opinion, il 2023 di Interpump è stato abbastanza volatile, con una prima parte positiva, cui è seguito un secondo semestre decisamente più complicato, sul generale rallentamento economico. Il titolo infatti ha chiuso l’anno a +11%, fatto da un +21% nel fino a metà 2023 e di un -8% tra luglio e dicembre dello scorso anno.
E l’ultima trimestrale del 3Q23 ha mostrato infatti luci e ombre. Nonostante ricavi in rallentamento al +3% (in linea con le attese) ed un Ebitda a +6% (in linea), la società ha evidenziato che il ramo idraulico conoscerà una fase di “normalizzazione”, con la parte “agro” in difficoltà. Il backlog è risultato peraltro in declino a testimonianza delle prospettive più moderate davanti alla società.
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Lo stesso CEO della società ha ammesso di non vedere uno scenario negativo ma non ha escluso uno scenario di vendite piatte nel 2024. A livello di margini, la società ha previsto un effetto neutro, in quanto il calo del costo delle materie prime e delle bollette energetiche verrà almeno in parte compensato dall’aumento del costo del personale.
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Di conseguenza riteniamo il 2024 non l’anno ideale per puntare su questa società che storicamente ha regalato agli azionisti rendimenti estremamente interessanti, dettati dall’incremento dei volumi e dei prezzi di vendita e all’attività di M&A sempre più frequente (2 acquisti negli ultimi 2 anni) il tutto in un contesto di vendita verso mercati di sbocco abbastanza resilienti e poco esposti a shock di breve termine.
Se infatti i margini societari dovessero rimanere stabili quest’anno, Interpump avrebbe il problema di avere impegni di investimento importanti (ca. €300mln di Cash Flow Operativo atteso a fronte di Capex da ca. €150mln inclusa l’apertura del nuovo stabilimento in Emilia), che dovrebbero condurla a registrare un Free Cash Flow nell’intorno dei €150mln, in linea con il 2023 e lontano dalle attuali stime di oltre €300mln da parte degli analisti.
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Di buono c’è che il titolo ha già cominciato a fattorizzare minori prospettive sul breve periodo, scambiando oggi ad appena 9x in termini di EV/Ebitda LTM, vicino ai minimi degli ultimi 10 anni. Questo ci spinge a pensare che i downside per il titolo rimangono comunque moderati, ma lo scenario di recessione in Europa non permette di essere ottimisti su titoli industriali come questo, perlomeno nel breve termine. Sul lungo termine, Interpump rimane una società con una leadership indiscussa nella sua nicchia e tornerà a rimbalzare prepotentemente una volta che le prospettive economiche nel nostro continente miglioreranno.
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Interpump è un’azienda italiana specializzata nella produzione di pompe ad alta pressione per il settore idrico, l’industria e l’energia, con un ottimo posizionamento di mercato.
Nell’ultimo anno, il titolo è stato impattato dallo scenario monetario negativo indotto dalle banche centrali, risultando in calo del 21%, dopo anni di ottimi ritorni seppur volatili (inclusi i dividendi, Interpump ha reso il 23% annuo negli ultimi 10 anni), a fronte di una crescita dell’Utile Netto a tassi medi del 19% annuo.
Nonostante la società rientri nel settore dei c.d. “capital goods” (beni durevoli), che per definizione sono ciclici e dipendono dall’andamento degli ordinativi e, in definitiva, dalla crescita del PIL dei Paesi in cui la società è attiva, i prodotti di Interpump hanno un mercato di sbocco più resiliente rispetto ad altri competitor, in quanto una parte rilevante del fatturato è destinato al settore dell’acqua (la divisione Water-Jetting vale ca. 1/4 del fatturato).
A questo si aggiunge il fatto che il portafoglio ordini degli ultimi trimestri ha mostrato una certa solidità, cosa che dovrebbe garantire alla società un altro anno di buona crescita, nonostante l’arrivo della recessione. Certamente si vedranno impatti sui margini, ma, ciononostante, le performance potrebbero essere migliori di quanto il mercato si attende nell’immediato, cosa confermata anche nell’ultima call dei risultati da parte del management. A questo proposito, ad oggi il mercato si attende una crescita di appena il 4% e 3% rispettivamente del fatturato e dell’Utile Netto nel 2023, target che potrebbero essere ben superati.
Nonostante queste premesse, è doveroso sottolineare che l’acquisizione ordini rallenterà quest’anno, facendo presagire una debolezza del titolo, soprattutto nella seconda parte dell’anno. A questo si aggiungeranno l’aumento del Rischio Paese per l’Italia (sul minor supporto monetario della BCE), il susseguirsi di dati macroeconomici deboli in Europa a fronte di un business “capital intensive” in cui è difficile tagliare gli investimenti, anche in momenti di debolezza economica. Dopotutto, in periodi di recessione, il Price/Earnings NTM della società è stato vicino alle 10-11x, contro le attuali 18x, cosa che potrebbe far pensare ad una prima resilienza del titolo nella parte iniziale dell’anno, sui buoni risultati trimestrali e una progressiva correzione nei mesi successivi sull’outlook macroeconomico in indebolimento.
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